Turone, la strage, la P2: «Bologna? Sarà un processo molto interessante»
INTERVISTA A CURA DI EVARISTO SPARVIERI
REGGIO EMILIA. «Dal 1975 al 1981 la P2 ha vissuto la stagione di massimo potere, ricorrendo a un colpo di Stato strisciante». E poi: «Bellini? Sinceramente è un nome che non ho mai trovato nelle mie inchieste. Sotto questo aspetto, rappresenta una novità. Sarà interessante seguire il processo sulla strage». E ancora: «È importante, importantissimo che i giovani sappiano. I testimoni oculari non sono eterni». Il caso Sindona e il delitto Ambrosoli. Le ramificazioni della mafia in Lombardia, con l’arreso del boss Luciano Liggio. Ma, soprattutto, le indagini che portarono alla scoperta degli elenchi della Loggia massonica P2, il 17 marzo 1981, quando insieme al collega Gherardo Colombo fece perquisire la villa di Licio Gelli ad Arezzo e soprattutto la “Giole” di Castiglion Fibocchi, aprendo di fatto il primissimo spiraglio sui troppi misteri della storia recente d’Italia. Sono alcune inchieste di cui si è occupato in prima persona l’ex giudice istruttore, Giuliano Turone, che alla vigilia del processo mandanti sulla strage di Bologna invita i giovani a seguire le udienze e documentarsi.
Principale imputato del processo – al via venerdì – è la Primula nera reggiana ed ex Avanguardia Nazionale, Paolo Bellini, accusato di concorso in strage con i Nar Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini (condannati in via definitiva) e con Gilberto Cavallini (condannato in primo grado all’ergastolo). E in concorso anche con il leader della loggia P2, Licio Gelli, con il banchiere Umberto Ortolani, con l’ex capo dell’ufficio Affari Riservati del Viminale Federico Umberto D’Amato e con il giornalista iscritto alla P2 ed ex senatore Msi, Mario Tedeschi. Questi quattro, deceduti, sono ritenuti mandanti, finanziatori o organizzatori della strage più terribile della storia dell’Italia repubblicana, che provocò 85 vittime e oltre 200 feriti. «Non siamo di fronte a storie vecchie – afferma Turone – Questo è ciò che vogliono fare credere coloro che vorrebbero mettere la polvere sotto il tappeto».
Dottor Turone, venerdì si apre il processo mandanti sulla strage di Bologna, a distanza ormai di 41 anni dall’esplosione in stazione. Perché è importante ancora oggi far luce su queste vicende che sembrano così lontane?
«È importantissimo. Sono fatti fondamentali per la nostra storia. E oggi continuano a emergere notizie. Grazie alle nuove tecnologie e alla digitalizzazione degli atti, chi indaga ha vantaggi enormi rispetto al passato. La tecnologia ha preso in contropiede quegli ambienti che vorrebbero occultare tutto. Stiamo parlando della storia contemporanea del nostro Paese, costellata di vicende criminali. Penso alla strategia della tensione, allo stragismo, alla nascita delle mafie storiche. Il nostro Paese ha tre caratteristiche che lo distinguono dagli altri: la presenza di mafie storiche, la presenza di mille anni di papato, che ha trasformato i cittadini in sudditi, e il fatto che alla fine della Seconda Guerra Mondiale siamo stati il Paese con il Pci più forte di tutto l’Occidente, una situazione quest’ultima che ha scatenato reazioni fortissime nell’Atlantismo, che in Italia ha costruito una strategia della tensione con un unico filo conduttore».
Sta parlando della P2, sulla quale lei ha indagato?
«Esatto. Il sistema occulto di potere della P2. Anche quando è stato scoperto, il sistema P2 è uscito come un pugile suonato ma che si è rialzato sul ring prima che l’arbitro abbia contato fino a dieci».
È un sistema secondo lei che arriva fino ai giorni nostri?
«Diciamo che siamo ancora un Paese diviso in due: da una parte c’è chi difende la Costituzione e la legalità, da un’altra c’è chi rema contro e vorrebbe tenere tutto nascosto. È per questo che la digitalizzazione degli atti e le nuove inchieste della magistratura mettono in agitazione certi ambienti. Dopo anni di depistaggi, come avvenuto anche con la strage di Bologna, finalmente tante novità stanno emergendo, come accaduto anche nel processo Cavallini».
Quando scoprì gli elenchi immaginava che a distanza di 41 anni si parlasse ancora di Gelli?
«Nessuno poteva immaginare all’epoca una cosa simile».
Cosa ricorda di quel 17 marzo 1981?
«Stavamo indagando sul delitto Ambrosoli e su Sindona, sul finto rapimento, sul suo soggiorno clandestino a Palermo, sui continui abboccamenti fra il suo entourage e questo Gelli. Abbiamo maturato l’idea che bisognava fare luce su questi rapporti. Su Gelli c’erano molte voci. Eravamo in contatto con la Procura distrettuale di Brooklyn, dove avevano anche lì un processo contro Sindona. Sono stati gli americani a darci un’agendina di Sindona in cui c’erano i recapiti di Gelli. Ce n’era uno, la ditta “Giole”, che abbiamo ritenuto un indirizzo particolarmente interessante. Sapevamo che Gelli sembrava una specie di padreterno e che fosse protetto da ambienti di potere, ma per fortuna avevamo a disposizione una polizia giudiziaria di specchiata onestà, ovvero il nucleo di polizia tributaria della finanza di Milano. Era pulita, diversamente da altri reparti».
Lei ha scritto il libro “Italia occulta. Dal delitto Moro alla strage di Bologna. Il triennio maledetto che sconvolse la Repubblica (1978-1980)”. Qual è il filo sottile che lega queste vicende?
«Un collegamento c’è, anche se la gente spesso se lo chiede e pensa: cosa c’entrano le Br? Le Br volevano sequestrate un democristiano. Sembra che volessero prendere Andreotti, poi si sono orientati su Moro pare perché avesse meno scorta. Non si sono resi conto che Andreotti e Moro erano agli opposti nella Dc. Andreotti all’indomani era presidente del Consiglio, Cossiga era al Viminale. Due nomi in pieno sistema di potere P2. Non erano piduisti, ma erano quei classici personaggi che Tina Anselmi metterebbe nella piramide superiore. All’epoca non poteva scriverlo in una relazione di una commissione parlamentare. Nel 2019 invece credo finalmente si possa dire. Sul sequestro Moro, Cossiga fece un comitato di crisi: il 90% era praticamente composto da piduisti. Il filo conduttore di tutti questi eventi resta sempre la P2, che prende in mano la situazione del sequestro per far sì che Moro non torni vivo. Dal 1975 al 1981 la P2 ha vissuto la stagione di massimo potere, ricorrendo a un colpo di Stato strisciante. L’Italia non ha avuto colpi di Stato “tradizionali”. E anche Tina Anselmi usò proprio la definizione di colpo di Stato strisciante per descrivere la situazione del nostro Paese. La strage di Bologna è il culmine di questi eventi. Oppure la nascita di associazioni a sostegno di chi è stato condannato, trattati come se fossero innocenti. Si vogliono confondere le idee e ci riescono in pieno, ma ripeto, grazie alle tecnologie ora per loro è tutto più difficile»
Ma basta solo la digitalizzazione degli atti? Anche gli atti digitalizzati possono portare a depistaggi, se gli stessi atti sono frutto di depistaggio…
«Se si ha fiuto investigativo è facile capire se si è davanti a un documento fasullo. Tutto sta nel vedere e dare per dimostrato ciò che effettivamente è dimostrato e dimostrabile con prove tangibili. Ciò che non lo è, invece, è da considerare inaffidabile. Il verosimile non è mai vero fino in fondo. E prima o poi tutto questo verrà fuori».
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[Fonte: https://gazzettadireggio.gelocal.it/reggio/cronaca/2021/04/13/news/p2-strage-depistaggi-1.40146292]
IL MAGISTRATO E GLI INCONTRI CON GLI STUDENTI
Iniziativa condivisa con Cantiere Bologna
Giuliano Turone ha svolto per anni l’attività di giudice istruttore impegnandosi in inchieste di criminalità mafiosa, economica ed eversiva. È stato inoltre pm al Tribunale internazionale dell’Aja per l’ex Iugoslavia e giudice della Corte suprema di cassazione. Insegna tecniche dell’investigazione alla Cattolica di Milano. Ha pubblicato “Il delitto di associazione mafiosa” (Giuffrè 2008). Con Gianni Simoni ha pubblicato anche “Il caffè di Sindona” (Garzanti 2009), “Cesare Battisti, Storia di un’inchiesta” (Garzanti 2019). Il suo ultimo libro è “Italia occulta. Dal delitto Moro alla strage di Bologna. Il triennio maledetto che sconvolse la Repubblica (1978-1980)” (Chiarelettere 2019, con un aggiornamento nel 2021). L’associazione Piantiamolamemoria APS è disponibile a organizzare occasioni di incontro (per il momento in remoto) tra Turone e gruppi di giovani – comprese scolaresche e realtà associative – interessati ad approfondire i temi affrontati dal magistrato durante la sua carriera. Per contatti è possibile scrivere a piantiamolamemoria@gmail.com.
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