Bologna 1980 – Londra 1982: la strage alla stazione, il banchiere di Dio, l’antiquario nero e il cambiavalute di Gelli
- 16 settembre 1970, Palermo: scompare Mauro De Mauro il giornalista del quotidiano l’Ora, ex membro della Xmas di Junio Valerio Borghese. Stava indagando sull’omicidio di Enrico Mattei, su incarico del regista Francesco Rosi (autore del film “Il caso Mattei”).
- 16 settembre 1982, Londra: viene ritrovato il corpo senza vita dell’antiquario (nonché trafficante di opere d’arte) Sergio Vaccari Agelli, ucciso con numerose pugnalate. Estremista di destra, era legato a persone coinvolte nelle indagini sull’omicidio del “banchiere di dio” Roberto Calvi, avvenuto a Londra poche settimane prima, il 17 giugno 1982.
Di seguito tre articoli pubblicati nel 2021, inerenti il processo di primo grado sui mandanti della strage del 2 agosto 1980 (conclusosi il 6 aprile 2022 con una sentenza di condanna per Paolo Bellini e gli altri imputati), che fanno riferimento a Calvi, a Vaccari Agelli, a Giorgio Di Nunzio e ad altri ambigui personaggi; alcuni dei quali morti e/o uccisi, in circostanze parzialmente misteriose, nei due anni successivi alla strage alla stazione di Bologna.
BELLINI, LA STRAGE E L’ANTIQUARIO “NERO” LEGATO A ROBERTO CALVI
di Giuseppe Baldessarro [la Repubblica – 2 febbraio 2021]
C’è anche il mistero dell’omicidio a Londra dell’antiquario Sergio Vaccari nelle carte che accusano Paolo Bellini della strage di Bologna. Un delitto irrisolto, del 16 settembre 1982, avvenuto tre giorni dopo l’arresto del capo della P2 Licio Gelli. La pista che collega l’ex “primula nera” fascista all’assassinio del commerciante d’arte è stata spiegata dalla Procura generale durante l’udienza preliminare del processo a Bellini (per concorso in strage), all’ex carabiniere Piergiorgio Segatel (per depistaggio) e a Domenico Catracchia, amministratore degli immobili di via Gradoli a Roma (per false informazioni al pm). Ieri il procedimento è entrato nel vivo con l’atto d’accusa illustrato al gup Alberto Gamberini. La Procura generale ha ripercorso le indagini su finanziatori della strage, sulla provenienza del denaro servito a pagare i terroristi e su una serie di eventi ritenuti legati all’attentato. Tra questi l’omicido di Vaccari, personaggio legato al contesto dell’eversione nera dell’epoca. Vaccari fu l’ultima persona ad aver visto in vita Roberto Calvi, protagonista del crack del Banco Ambrosiano da cui, secondo l’inchiesta, arrivarono i soldi a Gelli, poi girati agli attentatori. L’antiquario era anche legato ad Agostino Vallorani, che a sua volta venne coinvolto in un’inchiesta su un furto d’arte proprio assieme a Bellini. Oltre a questo, ha detto l’avvocato generale Alberto Candi che ha coordinato le indagini, è stato posto l’accento sui rapporti tra l’allora procuratore capo di Bologna, Ugo Sisti, e la famiglia di Bellini. Nell’udienza a porte chiuse, hanno parlato anche le parti civili. L’avvocato Andrea Speranzoni ha spiegato: «Ci siamo concentrati sul crollo dell’alibi di Bellini per il 2 agosto 1980 e sulle relazioni tra Avanguardia Nazionale (di cui Bellini faceva parte), i Nar e Terza posizione». Secondo i legali dei familiari delle vittime c’è poi la prova che Bellini, attraverso il padre Aldo, anche in epoca successiva alla bomba in stazione aveva rapporti «con uomini che noi riteniamo degli apparati di sicurezza dello Stato».
BOLOGNA STRAGE DEL 2 AGOSTO. I SEGRETI DEL CAMBIAVALUTE DI LICIO GELLI
di Giuseppe Baldessarro [la Repubblica – 8 maggio 2021]
Il mistero sulla morte di Giorgio Di Nunzio e l’archivio che custodiva nel suo ufficio fatto sparire poche ore dopo il suo decesso. Cambiavalute, uomo d’affari e faccendiere, custode di segreti inconfessabili. Un uomo di potere con amici influenti e pericolosi. Ma chi era davvero Giorgio Di Nunzio? Il suo nome è saltato fuori analizzando i flussi di denaro appuntati sul “Documento Bologna”, trovato nel portafogli di Ligio Gelli il giorno del suo arresto. Secondo gli analisti della Guardia di Finanza, il 3 settembre 1980 il capo della loggia P2 fece transitare 240mila dollari accreditandoli su un conto corrente di Ginevra intestato proprio a Giorgio Di Nunzio. Il faccendiere poi incassava in Svizzera per conto del venerabile e riportava il denaro in Italia.
Non un cambiavalute come altri. Assieme al nipote Giancarlo Di Nunzio, gestiva un ufficio in via Bruxelles a Roma ed era il perno attorno a cui ruotavano diversi interessi. I suoi rapporti sono stati raccontati durante la sesta udienza del processo sui mandanti della strage del 2 agosto 1980 dal figlio Roberto, un ragazzo all’epoca dei fatti, che frequentava quotidianamente il padre benché vivesse con la madre separata. «Non so esattamente come sia morto mio padre nel 1981 – ha detto alla Corte d’Assise – ero convinto che il decesso fosse stato causato da un malore, poi qualcuno mi ha detto che è stato ucciso. Non sono neppure riuscito a scoprire dove lo avessero seppellito, cosa che sono venuto a sapere solo di recente e grazie alla Procura generale di Bologna». Un giallo nel giallo. Ma c’è molto di più.
Il figlio ha spiegato come il padre intrattenesse rapporti telefonici e di persona con moltissimi individui più o meno noti. Ad esempio si sentiva quotidianamente con Federico Umberto D’Amato (capo dell’ufficio Affari riservati del Viminale) e con il giornalista, «di cui era amico da 30 anni», direttore de Il Borghese ed ex senatore dell’Msi, Mario Tedeschi. Entrambi indicati dai magistrati, assieme a Licio Gelli e Umberto Ortolani, come mandanti, organizzatori e finanziatori della strage. Non solo, nel suo ufficio arrivava spesso anche Marco Ceruti, il prestanome e factotum di Gelli. E conosceva bene Francesco Pazienza, uomo dei servizi condannato per i depistaggi sulla strage di Bologna. Nel novero dei suoi contatti c’era anche il criminologo di estrema destra Aldo Semerari, considerato anello di congiunzione tra l’eversione di destra e pezzi dello Stato. Aveva poi rapporti stretti con alti ufficiali del Sismi come Pietro Musumeci, Giuseppe Belmonte e con lo stesso direttore dei servizi dell’epoca, Giuseppe Santovito.
Ripercorrendo quegli anni Roberto Di Nunzio ha ricordato che il padre si sentiva con Ernesto Diotallevi (boss della banda della Magliana), e con i cardinali Egidio Vagnozzi e Fiorenzo Angelini. Nomi che messi in uno stesso contesto rappresentano un intreccio difficile da spiegare. Spie e criminali, preti e piduisti, imprenditori e politici, tutti amici e frequentatori di Di Nunzio. Il misterioso uomo d’affari conosceva bene Sergio Vaccari, un antiquario che viveva a Londra frequentatore del giro dei neri fuggiti in Inghilterra e assassinato il 16 settembre 1982, tre giorni dopo l’arresto del capo della P2. Le loro telefonate, racconta Roberto Di Nunzio, «erano strane apparentemente parlavano d’arte, ma io ho capito che si trattava di discussioni in codice».
«Mio padre era un uomo di potere, aveva la scorta e girava con un’auto blindata della Stato, non ho mai capito a che titolo», racconta infine il figlio. Aggiungendo: «Il giorno in cui mio padre morì andai in ospedale dove era stata allestita una piccola camera ardente. Oltre me e mia madre c’era mio cugino ed altre persone che non conoscevo. Si misero a discutere ad alta voce e uno di loro disse: “Bisogna togliere l’archivio da via Bruxelles immediatamente, prima che arrivino i giudici di Venezia”». Roberto Di Nunzio non sa a cosa si riferissero, ma quella frase la ricorda perfettamente. Cosa c’era in quell’archivio e che fine ha fatto? Di quali segreti era custode il potente cambiavalute romano?
LA LEGGENDA DEL “VATICANISTA” CHE MORÌ L’ANNO PRIMA DI ESSERE… ASSASSINATO
di Riccardo Lenzi [Il Manifesto in rete – 12 maggio 2021]
Se nelle prime udienze del processo sulla strage del 2 agosto 1980 si è parlato delle notizie preventive della strage, del progetto di uccidere il giudice Giancarlo Stiz e del ruolo del Sisde di Padova, venerdì 7 maggio l’attenzione si è invece concentrata su due ricostruzioni molto interessanti e molto complesse: – i flussi finanziari legati all’ormai noto “Documento Bologna” (ritrovato addosso a Licio Gelli nel settembre 1982, dopo il suo arresto in Svizzera);- la figura e le frequentazioni di un certo Giorgio Di Nunzio – nome sostanzialmente sconosciuto all’opinione pubblica – ripercorse in aula dal figlio Roberto. In quest’ultima testimonianza sono stati rievocati nomi eccellenti, in parte dimenticati, che frequentavano abitualmente, o avevano rapporti non occasionali, con il “facoltoso” Giorgio Di Nunzio.
Ma chi era Giorgio Di Nunzio? Uomo d’affari di destra, con ottimi agganci in Vaticano, grande amico di Mario Tedeschi (direttore del periodico “Il Borghese”) e del giornalista ferrarese Giorgio Pisanò (senatore del Msi dal 1972 al 1992). Era in ottimi rapporti con personaggi di grande prestigio pubblico, come il diplomatico andreottiano Umberto Vattani (classe 1938, tuttora in vita: attualmente è presidente della Fondazione Italia-Giappone e dirige la Fondazione Italia-Usa) – che tra il 1980 e il 1981 è a capo della segreteria del presidente del consiglio democristiano Arnaldo Forlani. Tra il 1997 e il 2005 il console Vattani ricoprirà, per ben due volte, l’incarico di Segretario Generale della Farnesina; per poi passare alla presidenza dell’ICE, l’Istituto nazionale per il Commercio Estero. I figli Enrico e Mario hanno seguito le orme del padre: sono entrambi diplomatici. Il primo oggi lavora all’ambasciata di Tokyo; il secondo nel 2013 è stato capolista in Campania (non eletto) della lista “La Destra”, guidata da Francesco Storace.
Negli anni settanta Di Nunzio frequenta i cardinali Egidio Vagnozzi e Fiorenzo Angelini, ha rapporti quotidiani con Federico Umberto D’Amato (direttore dell’Ufficio Affari Riservati), è in contatto con Francesco Pazienza, Maurizio Mazzotta (braccio destro di Pazienza), Ernesto Diotallevi (boss della ‘Banda della Magliana’), il criminologo nero Aldo Semerari (ucciso e decapitato, il suo cadavere viene ritrovato il 1° aprile 1982) e altri personaggi legati alla massoneria, ai servizi segreti, ad alcuni ambienti vaticani, alla criminalità organizzata/politicizzata.
Le frequentazioni vanno al di là dei confini italiani e del Vaticano: durante l’udienza del 7 maggio sono emersi i nomi del finanziere tedesco Hans Albert Kunz e dell’avvocato svizzero Peter Duft, legato all’Opus Dei. Due nomi noti a chi ha seguito i processi sull’omicidio Calvi e sul crack del Banco Ambrosiano.
Ieri, 7 maggio, la testimonianza di Roberto Di Nunzio – figlio di Giorgio – ha chiarito tre cose fondamentali:
1) le reali circostanze della morte di Giorgio Di Nunzio non sono chiare (finora si è dato erroneamente per scontato l’omicidio, commesso da ignoti);
2) non è vero che è morto il 16 settembre 1982*: Giorgio Di Nunzio è morto il 4 ottobre 1981;
3) non era un “vaticanista”.
Purtroppo molte delle notizie su Giorgio Di Nunzio circolate negli anni sul web e su un’ampia pubblicistica sono false. Gran parte di ciò che trovate sul web e sui libri va riscritto/corretto. Un caso – molto meno rilevante, data la differente notorietà – analogo al ben più noto Eugenio Cefis, la cui biografia è stata recentemente e meritoriamente scritta (depurandola dalle scorie) dal giornalista trentino Paolo Morando. Anche su Di Nunzio bisognerà, prima o poi, rimettere in fila i fatti sgombrando il campo dalle leggende.
Si tratta di capire come – ed eventualmente perché – queste fake news sono state fatte circolare nell’ambiente degli “addetti ai lavori”: io stesso, nel mio piccolo, le ho fatte circolare su Facebook negli anni passati, indicando il 16 settembre ’82 come data di un omicidio inesistente. Forse il processo in corso a Bologna chiarirà anche questo “mistero”.
Tra le cose da chiarire c’è un altro retroscena: corrisponde al vero che Di Nunzio è stato in possesso di uno «scottante dossier», redatto dal cardinale Egidio Vagnozzi (allora presidente della prefettura degli affari economici della Santa Sede, morto il 26 dicembre 1980)? Oggetto del dossier i rapporti tra il banchiere mafioso Michele Sindona e l’arcivescovo Paul Casimir Marcinkus, segretario dello IOR (la banca vaticana). Secondo il retroscena, sulle tracce di quel dossier ci sarebbe stato anche Roberto Calvi, presidente del Banco Ambrosiano caduto in disgrazia e ucciso a Londra la notte tra il 17 e il 18 giugno 1982 (omicidio tuttora impunito).
*Il 16 settembre 1982 è la data in cui a Londra venne ucciso, con numerose pugnalate, un estremista di destra in rapporti (anche) con Di Nunzio: il trafficante d’arte Sergio Vaccari Agelli.
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Altri avvenimenti del 1982 dall’omicidio di Pio La Torre, all’impiccagione del banchiere piduista Roberto Calvi; dall’agguato al generale Carlo Alberto dalla Chiesa in una strada di Palermo, all’arresto di Licio Gelli in una banca di Ginevra… http://www.piantiamolamemoria.org/1982
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