Quando Msi e Ordine Nuovo minacciavano la democrazia
Dopo che la sottosegretaria alla difesa Isabella Rauti aveva reso omaggio al padre Pino (fondatore del movimento eversivo neonazista Ordine Nuovo e segretario del Movimento Sociale Italiano dal 1990 al 1991), anche il presidente del Senato Ignazio La Russa ha celebrato la nascita del Msi, fondato il 26 dicembre 1946.
Di seguito la testimonianza del figlio di Vittorio Occorsio, magistrato assassinato da Ordine Nuovo il 10 luglio 1976, e un profilo di Pino Rauti scritto dalla giornalista Simonetta Fiori.
Io, mio padre e Ordine Nuovo
di Eugenio Occorsio
A beneficio della memoria collettiva, è bene ricordare – in un clima di surreali celebrazioni di Rauti, Almirante, l’Msi e tutto il paraphernalia neofascista – che lo Stato italiano non processa ideologie, processa fatti. Pestaggi, aggressioni, attentati – intercalati da seminari sulle “tecniche di guerra rivoluzionaria” – erano la pratica corrente di Ordine Nuovo, fondato nel 1956 da Pino Rauti che porta la responsabilità politica di tutti gli atti del gruppo.
Nel 1973 il pm Vittorio Occorsio, mio padre, mise 43 dirigenti di On sotto processo per violenza e apologia, ottenendo la condanna di trenta di essi. Fu l’inizio dell’inferno: minacce, scritte sui muri (“Occorsio boia”), intimidazioni di ogni tipo, telefonate notturne. Tutta la famiglia sotto scorta. La situazione degenerò quando il pm chiese per la prima volta l’applicazione della legge Scelba del 1953 e ottenne dal ministro degli Interni, Paolo Emilio Taviani, lo scioglimento di On per ricostituzione del partito fascista. Ma all’ombra della clandestinità On non aveva cambiato pelle, e mio padre istruì – l’azione penale è obbligatoria – un nuovo processo contro 111 personaggi dello stesso entourage.
Rauti si era riunito al vecchio sodale della “guardia nazionale repubblicana” Giorgio Almirante nel 1969. Con loro un altro “camerata eccellente”, Licio Gelli. I reduci di On si erano messi agli ordini del “capo militare” Pierluigi Concutelli. “Questi sono veramente pericolosi”, mi confidò mio padre. Il secondo processo doveva cominciare nell’ottobre 1976: ma il 10 luglio il “capo militare” sistemò a suo modo la questione con due raffiche di mitra sotto casa. Pochi giorni prima mio padre aveva interrogato Gelli. La scorta ci era stata appena tolta, nessuno ha mai spiegato perché. Concutelli firmò l’attentato con un volantino: “La giustizia borghese arriva all’ergastolo, quella proletaria va oltre”. In effige l’ascia bipenne e la dicitura “Movimento politico ordine nuovo”, la stessa del 1956. Gelli è stato condannato a Bologna per la strage nel 2022 [N.B. Gelli non è stato “condannato”, in quanto deceduto; la sentenza di primo grado a cui fa riferimento Occorsio è quella del cosiddetto processo mandanti, pronunciata dal Tribunale di Bologna il 6 aprile 2022, ndr]: 46 anni dopo essere andato per la prima volta a Piazzale Clodio per entrare nell’ufficio di mio padre.
[Articolo pubblicato su La Repubblica del 28/12/2022]
Rauti l’impresentabile, chi è l’anima eversiva del neofascismo italiano
di Simonetta Fiori
Lo chiamavano il “Gramsci nero”. Ma Pino Rauti non è stato solo un intellettuale, ma un uomo d’azione che ha incarnato in modo paradigmatico l’anima più eversiva del neofascismo italiano. Da vecchio gli piaceva dire che il fascismo non era più ripetibile “ma un giacimento di memoria a cui si poteva ancora attingere”. Tutta la sua vita è stata nel segno d’una religione fascista irriducibile, pericolosamente ai bordi delle istituzioni democratiche, talvolta invischiata nelle più nefaste trame stragiste della storia repubblicana, dalle quali fu assolto in sede penale ma non sul piano morale, come disse il pubblico ministero nel processo per l’attentato di Piazza della Loggia (“La sua posizione è quella del predicatore di idee praticate da altri ma non ci sono situazioni di responsabilità oggettiva”).
Cresciuto a Roma in una famiglia di fervente fede littoria – il padre era usciere presso il ministero della Guerra – a 17 anni si arruola volontario nella Guardia repubblicana di Salò, l’organismo di polizia interna e militare che represse la resistenza e partecipò al rastrellamento di civili. L’appartenenza repubblichina non lo abbandonerà nel dopoguerra quando nel 1946 aderisce al nascente Movimento Sociale Italiano, fondato dai fascisti che avevano militato a Salò: il segretario Giorgio Almirante era stato segretario di redazione della Difesa della Razza – la rivista ufficiale dell’antisemitismo – e nella Repubblica sociale aveva ricoperto il ruolo di capo di gabinetto del ministro Fernando Mezzasoma, rendendosi responsabile del “manifesto della morte” contro il partigianato e la resistenza dei civili.
Nel Movimento sociale, partito che era rimasto fuori dall’Assemblea Costituente, eletto sì in Parlamento ma sempre fuori dal perimetro della maggioranza di governo, Rauti rappresenta fin dagli inizi l’espressione ancora più radicale e movimentista, in nome di “una intransigenza dottrinaria assoluta”. “Il più estremista tra gli estremisti”, dice ora Giovanni De Luna, studioso del fascismo e del neofascismo. E mentre nel Movimento sociale si discute del ruolo del partito nel contesto politico democratico, Rauti aderisce al gruppo clandestino dei Far (Fasci di Azione Rivoluzionaria): nel 1950 viene arrestato per alcuni attentati rivendicati dall’organizzazione, ma un anno più tardi viene assolto per insufficienza di prove. Insieme a lui viene imprigionato Julius Evola, considerato l’ispiratore del gruppo. Ed è con questo ideologo del fascismo e del nazionalsocialismo, promotore di diverse teorie del complotto razziste e antisemite, che Rauti intreccia la propria posizione politico-filosofica fondando nel 1953 il gruppo dell’Ordine Nuovo: una vera fazione organizzata del Msi, l’ha definito Marco Tarchi, con strutture locali, tessere, una rivista omonima ispirata alle esperienze dei regimi fascisti nel periodo tra le due guerre mondiali, inclusa la Germania nazionalsocialista. Delle leggi razziste approvate da Mussolini nel 1938, Rauti ha continuato a dire anche in tempi recenti che occorreva “contestualizzare”. “All’epoca del conflitto in Spagna l’ebraismo aveva dichiarato guerra al fascismo. E le leggi del 1938 furono benedette dalla Chiesa cattolica”. Nessuna traccia di vergogna postuma.
Da posizioni teoriche sovversive Romualdi combatterà la segreteria moderata e legalitaria di Arturo Michelini, fino all’uscita dal partito nel 1957 con l’avvio del “Centro Studi Ordine Nuovo”, ormai totalmente autonomo dal Movimento Sociale: tra i suoi collaboratori spicca il nome di Stefano Delle Chiaie, un esponente della strategia della tensione che ritroveremo alla fine del decennio successivo tra gli imputati per le bombe di Piazza Fontana.
Gli anni Sessanta vedono Pino Rauti nella veste di agguerrito sacerdote dell’anticomunismo. Nel 1967 accoglie con favore il colpo di Stato dei colonnelli in Grecia. E sostiene i regimi “bianchi” in Rhodesia e in Sudafrica. È in questi anni che comincia a collaborare con Guido Giannettini, uomo dei servizi: altro nome che ritroveremo tra gli imputati nel processo di Piazza Fontana. Il 4 marzo del 1972 Rauti viene accusato di complicità nelle stragi nere culminanti nel dicembre del 1969 con le bombe nella Banca dell’Agricoltura. Si fa cinquanta giorni di carcere per poi essere eletto deputato del Movimento sociale, sotto la guida di Almirante: successivamente sarà prosciolto dall’accusa.
Insofferente a una destra sempre più in doppiopetto, Rauti elabora una serie di iniziative che puntano al coinvolgimento della società civile. È sua l’idea di un campo Hobbit e dei gruppi di ricerca ecologica: il suo nome esercita un indubbio fascino presso i militanti più giovani. Alla fine degli anni Ottanta la malattia di Almirante gli apre la possibilità di candidarsi alla segreteria del Movimento sociale e nel 1990 riesce a battere Gianfranco Fini, ma per un periodo breve: più tardi sarà tra i più ostinati avversari della Svolta di Fiuggi, con cui vengono recise le radici storiche del fascismo. Fedele fino alla fine al vessillo della fiamma tricolore, sempre orgogliosamente fascista.
Questo è stato Pino Rauti, a cui la destra oggi al governo rende omaggio. E che Giorgia Meloni nel suo libro autobiografico elenca tra le stelle polari. Il più impresentabile, tra gli impresentabili.
[Articolo pubblicato su La Repubblica del 28/12/2022]
Due libri per saperne di più:
Marco Tarchi, “Dal Msi ad An“, Il Mulino 1997
Aldo Giannuli, Elia Rosati, “Storia di Ordine Nuovo“, Mimesis 2017
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