Il governo: “L’archivio delle stragi non sarà utilizzabile a scopo investigativo”
da La Repubblica, 7 marzo 2017
“L’archivio delle stragi non sarà utilizzabile a scopo investigativo”
ELEONORA CAPELLI
L’archivio digitale dei processi di interesse storico, come quello sulla strage del 2 agosto 1980, «non può essere in nessun modo utilizzato come uno strumento analogo a una banca dati investigativa o di matrice giudiziaria», serve a studiare la storia dell’Italia repubblicana e «non può avere scopi processuali». Così i ministeri guidati da Andrea Orlando e Dario Franceschini, responsabili della Giustizia e dei Beni Culturali, hanno risposto ieri con una nota al presidente dell’associazione delle vittime della strage del 2 Agosto. Paolo Bolognesi aveva infatti accusato Orlando e Franceschini di essere rimasti «completamente inattivi rispetto agli impegni assunti» per la digitalizzazione degli atti processuali, mentre il presidente dell’associazione è sicuro che «la verità sulla strage alla Stazione è ancora tutta negli archivi». Da una ricerca sulle carte del processo è nato ad esempio il dossier dei familiari delle vittime che ha portato alla riapertura del caso di Gilberto Cavallini, l’ex Nar che ora è indagato per aver concorso all’attentato. E per Bolognesi “incrociando” i dati dei processi sulle stragi che insanguinarono il Paerse si potrebbe risalire al «cuore oscuro delle istituzioni». Ma la digitalizzazione, annunciata con soddisfazione dal palco del 2 agosto nel 2015, secondo Bolognesi è rimasta sostanzialmente una buona intenzione.
Per Orlando e Franceschini, comunque, quella operazione non era destinata alle aule di giustizia ma piuttosto a quelle di scuola. «Il protocollo d’intesa sottoscritto il 6 maggio 2015 per la realizzazione di un archivio digitale dei principali processi italiani – si legge nella nota dei ministri – ha finalità completamente diverse da quelle pur comprensibilmente ipotizzate dall’onorevole Bolognesi e non può essere in nessun modo utilizzato come banca dati investigativa ». L’archivio, che voleva «promuovere la digitalizzazione delle vicende giudiziarie di maggior interesse storico» guarda a queste carte come a una «fonte privilegiata per lo studio della storia dell’Italia repubblicana». Certo, si tratta di una storia che ancora fa discutere, che a volte torna alla ribalta dell’attualità, perché «necessariamente coinvolge tematiche sensibili della nostra storia come il terrorismo, la violenza politica, l’azione della criminalità organizzata», ma «non può avere scopi processuali». C’è un Comitato scientifico per «l’individuazione dei casi da inserire nell’archivio e dei criteri di selezione della relativa documentazione », di cui fanno parte anche esponenti del Csm, che dallo scorso febbraio hanno voluto aderire al progetto. C’è anche un Comitato tecnico, che giudica la «fattibilità tecnica» dei singoli progetti, valuta gli impegni di spesa e si occupa di reperire le risorse.
Qualcosa si muove, assicurano i ministri Orlando e Franceschini, perché «l’attuazione del protocollo è iniziata con il progetto di digitalizzazione degli atti del “processo Moro”, la cui documentazione era già stata in parte catalogata ». E intanto si è istituito presso il Gabinetto del ministero della Giustizia un gruppo di lavoro interministeriale, ora allargato al Csm. Ma questo iter sembra ben lontano dalle aspettative di Bolognesi, che ora esprime “profonda delusione” rispetto a quello che considerava un determinante strumento di verità.
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Bologna, 26 maggio 2014: seminario “Terrorismo, lotta armata e violenza politica” (Istituto per la Storia e le Memorie del ‘900 Parri)