Bandiera Bianca: colonna sonora dell’Italia in mano alla P2
Quali sono le canzoni italiane che vi ricordano il periodo compreso tra il 1969 e il 1984? E quali i vostri ricordi personali legati a quelle canzoni? Invitiamo chiunque voglia rispondere pubblicamente a queste due domande, a farlo sulla pagina Facebook “Bandiera Bianca”.
Si tratta di una raccolta di ricordi (potremmo chiamarli “fotogrammi della memoria”) promossa dall’associazione Piantiamolamemoria allo scopo di coinvolgere gli utenti nella redazione collettiva della colonna sonora di un quindicennio dove, in modo spesso traumatico, i sogni, la realtà e le priorità di noi italiani hanno subìto una mutazione radicale. Il pensiero corre, per esempio, all’estate del 1981, quando in un Paese ormai assuefatto alla violenza, nonostante i NAR, le BR e le mafie continuino imperterriti a seminare cadaveri e malgrado lo shock per l’attentato del 13 maggio a Papa Wojtyla, la voglia di mare e vacanze affiora comunque prepotente. Dopo anni di sperimentazione, un cantautore siciliano emigrato a Milano raggiunge il meritato successo commerciale con l’album La voce del padrone. A trainare il disco, il singolo Bandiera bianca, forse la canzone più indicata per condensare l’impronta narrativa e sonora dell’anti-pop di Franco Battiato, alfiere di un inconfondibile approccio compositivo in cui musica leggera e profondità semantica si alleano per costringere l’ascoltatore a fare i conti con la visione del mondo dell’autore, spesso incentrata su ironia e autoironia (due tra le virtù meno amate, allora come oggi, dal Palazzo). Una formula decisamente controcorrente in quel 1981 che vede una bimba italoamericana di otto anni, nata Domenica ma meglio nota come Nikka Costa, arrivare in cima alle classifiche di tutto il mondo con la malinconica (Out Here) On My Own, prodotta da Tony Renis, Danny Besquet e Don Costa (padre della ragazza), nonché registrata a Milano in ragione di un contratto discografico con la nostrana CGD. Il brano era stato inciso per la prima volta da Irene Cara l’anno precedente e aveva contribuito al successo delle musiche di Saranno Famosi (Fame, 1980), il film musicale di Alan Parker da cui era nata l’omonima serie tv. La versione di Nikka Costa, però, divenne un vero e proprio tormentone. In Italia più che altrove: prima in classifica per ben 14 settimane, fu il singolo più venduto del biennio 1980-81. Durante l’esibizione all’Arena di Verona, davanti al pubblico del Festivalbar e della Rai, la voce della cantante venne sommersa dagli applausi, ma l’apoteosi di questo breve quanto intenso momento di gloria ebbe come teatro il prato della Casa Bianca, dove Nikka cantò insieme a Frank Sinatra (del quale Don Costa era arrangiatore e direttore d’orchestra) allestendo così uno spot graditissimo ai nuovi inquilini Ronald e Nancy Reagan. La politica italiana, nel frattempo, consegnava alla Crusca l’ennesimo neologismo: pentapartito.
Per la prima volta dal 1945, la Democrazia Cristiana era stata costretta a digerire, seppur temporaneamente, un capo di governo laico. Il nuovo esecutivo era stato infatti affidato al repubblicano Giovanni Spadolini, successore del dimissionario Arnaldo Forlani, allorché i nomi di ben tre ministri in carica nel governo di quest’ultimo – i democristiani Adolfo Sarti (giustizia) e Franco Foschi (lavoro e previdenza sociale), il socialista Enrico Manca (commercio con l’estero) – erano stati ritrovati nelle famigerate liste della P2, sequestrate a Castiglion Fibocchi il 17 marzo 1981, in mezzo a un nutrito corollario di «squallide figure» pronte a confermare i propri servigi e la propria fedeltà a un’associazione segreta, dal disegno eversivo, guidata da Licio Gelli, materassaio toscano implicato in stragi (Italicus), colpi di stato (Borghese), depistaggi (2 agosto 1980) e truffe finanziarie (Banco Ambrosiano). Il disvelamento dei propositi piduisti fu molto più di un semplice scandalo; fu la diagnosi di una democrazia malata di corruzione. L’Italia di Pertini, Berlinguer e Tina Anselmi, pur lottando fino all’ultimo respiro, dovette arrendersi all’inesorabile, progressiva realizzazione del Piano di rinascita democratica della P2. Crisi dei valori, crisi della rappresentanza, cinismo di massa, riflusso. Le speranze che il 25 aprile 1945 avevano sventolato nelle piazze di tutto il paese insieme alle bandiere rosse – poi immortalate, nel 1976, da Bernardo Bertolucci, nei fotogrammi appassionati di Novecento (pellicola non a caso poco gradita negli Stati Uniti della Guerra Fredda) – lasciavano definitivamente il passo a una resa spensierata e incondizionata all’orrore dell’effimero. «This is the end», proprio come nella meravigliosa apocalisse conradiana (e doorsiana, nel senso del gruppo di Jim Morrison) di Francis Ford Coppola.
Non fosse per la perdurante violenza del terrorismo, l’autunno del 1981 sarebbe sembrato lontano anni luce da quello che, nel ’69, aveva inaugurato i caotici, creativi, riformisti e sanguinosi Anni Settanta. 27 settembre, Venezia, Mostra Internazionale di Musica Leggera: Franco Battiato è protagonista di una surreale interpretazione di Bandiera bianca, nella quale coristi travestiti da gondolieri lo accompagnano fino al doppio «minima immoralia» ripetuto verso la fine della canzone, quasi una sintesi (involontaria?) dello spirito di un anno che, con il dramma di Vermicino, aveva appena inaugurato la moda della tragedia in diretta, dell’attenzione morbosa riservata a dolori e vicende privati. Il futuro dell’Italia – ovvero il nostro presente – sarebbe stato sempre più grave e sempre meno serio.
Gianfranco Callieri e Riccardo Lenzi
Invia a piantiamolamemoria@gmail.com i tuoi ricordi legati a canzoni italiane, tra quelle uscite tra il 1969 e il 1984. Oppure scrivili direttamente sulla pagina Facebook BANDIERA BIANCA. Grazie.
Tag:bandiera bianca