9 maggio, le parole di Giovanni Bachelet e Paolo Bolognesi
Senato della Repubblica, 9 maggio 2021, Giorno della memoria delle vittime del terrorismo. Gli interventi di Giovanni Bachelet, figlio di Vittorio Bachelet (vicepresidente del CSM, ucciso dalle Brigate Rosse il 12 febbraio 1980), e di Paolo Bolognesi, presidente Associazione familiari vittime 2 agosto 1980.
« Ringrazio la Presidente del Senato per l’invito e saluto i Parlamentari e le Autorità presenti, a cominciare dal Presidente della Repubblica, e gli altri familiari delle vittime. Come per molti Italiani che fra il 1980 e il 1981 hanno perso qualcuno dei propri cari in attentati terroristici, il 2021 segna per me il quarantennale di una drammatica scoperta. 40 anni fa (la notizia mi raggiunse negli Usa) divennero pubblici gli elenchi della loggia P2. Mi crollò il mondo addosso. Nelle liste c’era la quasi totalità del comitato di crisi del sequestro Moro. Dalle carte P2 emergeva anche che il vicepresidente del CSM [Ugo Zilletti, ndr], subentrato a mio padre nel febbraio 1980 per effetto della sua morte, si era pochi mesi dopo dato da fare per la restituzione del passaporto a Roberto Calvi (relazione commissione P2, comunicata alle Camere il 12/7/1984, pagina 112). Ma allora? La morte di Moro, di mio padre, di tanti altri, era dovuta non solo a sicari della mia età, oggettivamente delinquenti e soggettivamente convinti di fare la rivoluzione proletaria, ma anche alla loggia P2? Aveva ragione chi ai tempi del rapimento Moro o della morte di mio padre si dichiarava “né con lo Stato né con le BR”? Aveva torto Sandro Pertini, definito dalle BR un “vecchio rimbambito che scambia i corridoi del Quirinale con le trincee della Resistenza”? Aveva torto mio padre, definito nel comunicato di rivendicazione del suo assassinio un “culo di pietra” che merita un “cuore di piombo”? No, non avevano torto né gli scettici né gli eroi e i martiri della Repubblica. Non completamente, almeno. Gli unici ad avere completamente torto erano quelli che, non riuscendo a vincere libere elezioni, cercavano il potere con la forza, il volto coperto da un passamontagna o da un cappuccio nero. Ma non ci sono riusciti, e in questi quarant’anni sono stati scoperti e messi in condizione di non nuocere. Il merito è di magistrati, avvocati, forze dell’ordine, giornalisti, sindacalisti, imprenditori, amministratori, ministri, parlamentari. Impossibile elencarli. Per tutti esprimo un grazie al Sen. Sergio Flamigni e un commosso ricordo dell’On. Tina Anselmi. Sono pochi gli eversori ancora vivi, sconosciuti e a piede libero. Forse, oppressi dal rimorso, usciranno allo scoperto, fornendo gli ultimi tasselli del puzzle delle bombe e degli attentati degli anni 70 e 80. Forse sono invece attivamente impegnati a sistemare i loro nipotini nei partiti, nelle redazioni, nelle istituzioni di oggi. Chissà. Grano e zizzania convivono sempre, dai tempi del terrorismo a quelli della pandemia. Non dobbiamo scoraggiarci. Andiamo avanti con mente robusta e cuore tenero, come diceva la studentessa Sophie Scholl della Rosa Bianca, che oggi compirebbe 100 anni. Senza illusioni e senza tentennamenti, teniamoci caro il metodo democratico e lo stato di diritto. »
Giovanni Bachelet
« Cari familiari, Onorevole presidente della Repubblica, Onorevoli presidenti di Senato e Camera, Istituzioni. Sono trascorsi più di 40 anni da quella mattina d’estate del 2 agosto 1980, quando una bomba fascista squarciò la stazione di Bologna e colpì al cuore l’Italia intera. Furono 85 i morti e più di 200 i feriti. Per molti nulla fu come prima. Ci costituimmo in associazione nel 1981 con l’unico obiettivo di ottenere, con tutte le iniziative possibili, la giustizia dovuta. Nel 1995 la Corte di Cassazione ha condannato in via definitiva gli esecutori materiali, i terroristi fascisti Francesca Mambro e Valerio Fioravanti e i depistatori, il Gran Maestro della loggia massonica P2 Licio Gelli, il faccendiere Francesco Pazienza, il Generale Musumeci iscritto alla loggia P2 e il colonnello Giuseppe Belmonte. Questi ultimi ai vertici del SISMI, il servizio segreto militare. Secondo recenti indagini condotte dalla Procura Generale di Bologna, la strage fu ideata dai vertici della loggia massonica P2, protetta dai vertici dei servizi segreti italiani, eseguita da terroristi fascisti. Questa la verità delineata su l’orrendo massacro. Già nel febbraio del 1979 la strage fu progettata e finanziata dai vertici della loggia massonica P2: Licio Gelli e Umberto Ortolani. Fu organizzata dal prefetto Federico Umberto D’Amato e, al direttore del ‘Borghese’ Mario Tedeschi, fu affidato il compito di dare una adeguata descrizione di copertura della strage stessa. Comprendiamo ora a distanza di 40 anni chi furono gli ideatori preventivi della pista palestinese che ha sconvolto e rallentato per anni l’inchiesta. Il 16 aprile scorso è iniziato il processo ai mandanti che porterà ulteriore luce su questo efferato crimine. Quando si parla di stragi tutti a parole vogliono la verità ma nei fatti sono stati e sono ancora moltissimi coloro che, pur avendone la possibilità, fanno di tutto per nasconderla o ritardarla. Ricordo le nomine dei vertici dei servizi di sicurezza nel 1978, tutti iscritti alla loggia massonica P2 e infedeli allo Stato. Ricordo il senatore a vita Francesco Cossiga che, in una intervista al Corriere della Sera del 2008, avallò il clamoroso depistaggio della pista palestinese e insistette molto sull’autonomia dei cosiddetti spontaneisti armati, cercando di escludere ogni collegamento strutturale dei terroristi con gli apparati dello Stato. Ricordo il prefetto Vincenzo Parisi che, in due audizioni alla Commissione stragi, volle unire la strage di Ustica a quella di Bologna creando un depistaggio mediatico che generò un’enorme confusione nell’opinione pubblica. Anche oggi azioni non marginali incidono sul percorso della verità, come il mancato adeguamento del numero dei magistrati presso la Procura Generale di Bologna, che rallenta il lavoro e ritarda il raggiungimento della verità. Sapete che vuol dire portare il peso dei processi sulle nostre spalle? Sapete che vuol dire resistere per più di 40 anni alle menzogne e ai depistaggi? Io lo so, i familiari delle vittime lo sanno, le cittadine e i cittadini che credono nella nostra democrazia e combattono per difenderla lo sanno. Ma molti che ricoprivano alti incarichi politici e istituzionali non sempre hanno compiuto il proprio dovere dovuto dal giuramento fatto sulla Costituzione. Troppi ancora gli inciampi. La declassifica della documentazione delle amministrazioni dello stato e la digitalizzazione dei processi devono essere sostenute da una forte volontà politica. “Tutto è inutile se non si vuole aprire quella porta”, diceva Aldo Moro nell’ultima lettera alla moglie prima di essere assassinato 43 anni fa, il 9 maggio. »
Paolo Bolognesi